Alla “Officina dello scrivere ad alta voce”, tra i molteplici esercizi proposti, a volte si ascoltano audio e si scrive su quel che la musica o i suoni ascoltati ci ispirano… Questo è un mio contributo, dopo l’ascolto di suoni di natura: si doveva “vedere” con gli occhi ciò che avevamo “ascoltato” con le orecchie…
Chiudo gli occhi: sono alla Gora, così la chiamano in paese: scende giù dai monti impetuosa e la sua acqua è ghiacciata in ogni stagione, vedo il punto in cui si allarga, un po’ sotto l’abitato, fomando gorghi e mulinelli insidiosi, vedo i ciottoli levigati e lucidi sotto la superficie, vedo i quattro lastroni grandi e larghi che tagliano di traverso il suo letto e sembrano messi lì apposta per il guado, ma in effetti servono soprattutto a loro: alle lavandare.
Vedo piedi nudi già a bagno da un’ora, polpacci robusti da contadina e lunghe gonne tirate su con l’elastico in vita, vedo mani arrossate dal gelo e braccia forti che battono i panni sulla pietra – ne hanno portato un bel carico da casa, stipandoli dentro le ceste.
Vedo teste chine intente al lavoro, non tutte però: c’è una lunga chioma corvina spiovente, che la più giovane tenta invano di scostare dal viso col dorso della mano insaponata. Le arriva fino in vita. Vedo le occhiatacce che le lancia la donnona a lei di fronte: <<Prima o poi a te gi tagio de note, sti cavelaci!>>, mugugna. Vedo la smorfia e la scrollata di spalle della ragazza in risposta alla minaccia materna: non li raccoglierà mai in un ridicolo ciuffo, come le altre!
Vedo una vecchia, viso di luna, occhi di cielo, sciogliere lentamente il ciuffo che suole portare alto sul capo, afferrare un pettine… Si trova nel bagno di casa, insieme alla sua nipotina, vedo la bimba che osserva estasiata il rito serale, allunga un ditino a sfiorarle la chioma:<<Che belli, nonna! Perché non li lasci sempre così? Ti arrivano in vita”>>.